Wednesday, October 30, 2013

Black Light Burns

Da qualche parte nel Verse, 2499

Un branco di bambini vestiti di stracci si conquista la collina. Sono figli di nessuno. Figli di gente morta, o di genitori poco attenti. Non voluti. Liberi, affamati. C'è una bimba bionda e magra che stringe al petto una bambola lurida. Osserva la collina nascosta dietro delle fronde, il cuore in gola. Lei è la più esile, gli altri la proteggono. A guidarli è un bambino magro, con i ricci neri, la pelle candida. Ha gli occhi scuri e corre come le lepri.
Non sono soli. In cima alla collina ci sono delle case abbandonate, dove ripararsi dal freddo.
"Hanno rubato il nostro posto, li cacceremo come i ratti. Scricciolo, ce l'hai la fionda che ti ho costruito?"
"Certo che sì."
"Ti servirà. Siete pronti?"
"Siamo pronti."
"Al mio tre, corriamo, li prendiamo di sorpresa, e facciamo vedere loro chi dorme all'asciutto stanotte."
La bambina gli tira la manica.
"State attenti."

"Uno. Due. Tre."
Scattano in avanti. Hanno bastoni, e sassi nelle mani. Iniziano a correre su per la collina nel vento, sotto le nubi grigie. Urlano per farsi coraggio, come un branco di piccoli Dei. Altri bambini escono dal rifugio, confusi. Si spintonano, cercano di prepararsi, ma non erano pronti.
Nel prato sotto il cielo vengono afferrati, buttati a terra con la faccia nel fango. Jesse salta addosso a quello più grosso, e quello più grosso gli tira una gomitata. Gli fa sanguinare il naso e ricade nell'erba sporca e bagnata. Non si arrende. Il ragazzino lo prende per i capelli, lui raggiunge il suo braccio con i denti. Morde. Così forte che lo fa gridare. Che il bambino grosso è costretto  lasciare la presa, ricade indietro. Lui gli monta addosso, lo colpisce con un sasso. Lo riduce alle lacrime. I suoi compagni si battono con lo stesso ardore. Non ci vuole molto prima che i ragazzini guidati dal bambino grosso si diano alla fuga. Corrono giù per la collina, e uno di loro perde i pantaloni. Inciampa, tutti gli vedono le chiappette magre, mentre se li tira su freneticamente.
Loro ridono, sguaiati. Li guardano scappare dalla cima della collina. Jesse inizia ad ululare, sollevando un sasso. Anche i suoi compagni ululano, come i lupi. La bambina bionda esce da dietro le fronde, sorridendo. Sporca, inizia a correre su per la collina con il sorriso sdentato e la bambola tra le braccia.
"Avete vinto! Avete vinto!"
"Stanotte la tua bambola dormirà al caldo!"
Jesse solleva le braccia verso il cielo, tra le mani ha ancora la pietra, perde sangue dal naso. Il cuore gli batte all'impazzata, ha il fiato corto.
"Sono il Re della collina! Sono il Re della collina!! Da oggi fino almeno a domani questo posto è nostro!"
"Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse!"
Gli altri chiamano il suo nome in coro. Saltano e si rotolano nell'erba. Sono affamati e sudici e liberi.

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Maracay, Tartagal, 2511

I lacci gli stringono i polsi. La testa gli ciondola pesante, stanca per la posizione obbligata. Obbligata da ore, chissà quante. Abbracciato al pilastro di legno, con il ventre schiacciato contro di esso e i polsi sollevati sopra la testa. Il collo gli si piega indietro, le palpebre pigre dallo sfinimento. La schiena è esposta, nuda. L'aria brucia le ferite ancora aperte delle frustate. I capelli si appiccicano al volto sudato, ha il fiato appesantito dalla sete. Uno degli schiavi di Santiago è costretto a rimanere lì a controllare che non muoia, ma non gli è permesso dargli da bere. Si conoscono, quei negri lo hanno cresciuto. Gli ha curato le frustate già una volta. Ha gli occhi lucidi, non glieli toglie di dosso, la mandibola serrata.
La porta si apre alle sue spalle. Si richiude. Il passo lento di Santiago gli arriva alle orecchie affaticate.
"..Mi amor.."
La voce trascinata, fumosa, condiscendente dell'uomo mentre si avvicina gli fa compiere un altro blando tentativo di sollevare la testa. Ci riesce male. 
"Ti ho lasciato abbastanza tempo per pensare a cos'hai fatto, mh?"
Continua a camminare verso di lui. Le mani legate gli impediscono di muoversi. Espira, e un attimo dopo sente le dita di Santiago infilarsi tra i suoi ricci sudati, sulla nuca. L'uomo gli si accosta alle spalle, gli parla vicino all'orecchio. Sente il suo fiato toccargli la pelle. Lo tiene per i capelli, gli sorregge il capo.
"Lo sai che non mi devi mancare di rispetto. Sai cosa sembri quando mi manchi di rispetto, mi amor?"
Le dita dell'uomo gli scivolano sulla schiena in una lunga carezza, si infilano nelle ferite aperte, in una morsa straziante e dolorosa che gli strappa un mugolio disperato e affannato. Il fiato di Santiago non lo lascia. Si fa più intenso. Gli si avvicina all'orecchio, parla a voce più bassa. Anche la presa sulle ferite si fa più intensa. Il negro volta il capo per il disgusto e il dolore.
"Sembri un ingrato del cazzo. Io ti ho tolto dalla strada. Ti ho messo dei vestiti addosso. Ti ho dato una vita diversa da quella di quei cani rognosi dei tuoi compagni. Te li ricordi? Che fine pensi che abbiano fatto, mh? Io ti ho salvato, Adrian. A volte mi chiedo se ho fatto bene. Se ho fatto bene a raccogliere uno come te. Nemmeno vostra madre vi voleva. E questo è il modo in cui mi ringrazi?"
Annaspa. I polsi tirano contro i legacci e si macchiano di lividi, strofinano contro la corda inutilmente. Santiago sorride, gli strofina il naso contro il collo, contro l'orecchio.
"Sei bellissimo." 
Si scosta di un passo. Ha la camicia sporca del suo sangue. Si volta verso il negro.
"Lascialo lì ancora fino a domattina. Che si ricordi chi è il padrone."

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Sono il Re della collina.

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