Tuesday, January 7, 2014

THE OLD JOKES

"...Jesse. Qualunque cosa fai, ovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai."



Friday, December 27, 2013

I AM NOT THE BODY, I AM NOT EVEN THE MIND

Si sveglia di soprassalto nella notte. E' sudato. In un gesto istintivo le dita vanno a cercare la pistola che tiene sotto al cuscino. A tentoni, non la trova.

"Credi davvero che non ti conosca, Adrian?"

Una voce rompe il silenzio della stanza. La stanza dello Skyplex. Da qualche parte ci sono i vestiti di John, ancora sparsi a terra da prima dell'incidente. Da prima del rapimento. Non li ha toccati, li ha lasciati dove erano stati gettati. Il cuore gli rimbalza in gola, si tende nella feroce morsa dell'allerta. Le dita scattano verso la lampada che tiene sul comodino. La accende. 
Vidal Ortego sta seduto sulla sedia davanti al suo letto, con i suoi ninnoli in argento, con gli orecchini incastrati nei capelli che sanno di fumo. Con il kajal sotto gli occhi. In mano, tiene la sua pistola, quella che lui tiene sotto il cuscino. La fa oscillare con sufficienza, ci gioca. Jesse ha il volto pietrificato dall'orrore, dallo shock.

"...Che stregoneria è questa, Santiago. Tu sei morto." Non è altro che un sussurro.
Ortego ride con tenerezza inquietante, disgustosamente soddisfatta.
"Lo sono. Morto e sepolto. Mi sai dire il motivo, Adrian?"
Solleva il mento e rivela la gola aperta. Squarciata di netto come quella delle bestie. Riesce a vedere le corde vocali tranciate che penzolano nel sangue rappreso. La schiena gli si contrae in un brivido di terrore. 
"Te lo dico io il motivo, mio adorato ragazzo. Perchè tu mi hai ammazzato. Ho sempre trovato ironico che tutti ti chiamassero Cordero e che m'hai aperto la gola come si apre agli agnelli."
Si alza in piedi. Jesse indietreggia nel letto tenendogli gli occhi neri addosso.
"Guardati ora." Non si riesce a capire l'intonazione di Santiago mentre lo dice. Forse è disprezzo. "Puoi accusarmi di tutte le atrocità che vuoi, Adrian. Ma quando ti ho lasciato non eri un lurido mercenario."
"...Io ero.. Il tuo cane, Santiago.."
"E che bravo cane, che eri. Feroce come un lupo. Ora stai rannicchiato in un letto a piangerti addosso per colpa di un ragazzino smidollato. E' uno spettacolo disgustoso."
"Esci dalla mia testa. Tu non sei reale. Tu non sei reale, io ti ho fatto a pezzi con le mie stesse mani. Sei morto. Il tuo corpo lo hanno mangiato i vermi, Santiago. Lo hanno mangiato cani meno belli di me. Quanto ti manco, per costringerti a tornare dall'oltretomba per le tue patetiche visite?"
Il ghigno sul volto di Santiago svanisce. In parallelo, ne compare uno sul volto di Jesse. Santiago solleva la pistola, la punta contro la sua fronte. Si è avvicinato abbastanza per farlo. Rosales non indietreggia, gli fissa gli occhi addosso.
"Ammettilo, Diabolito. Mi tenevi così stretto perchè avevi paura che sarei diventato più grande di te. E lo sai.. Il fatto che a dividerci ci siano le porte dell'inferno forse è la dimostrazione che le tue paure erano vere."
"Sei un illuso, Adrian. E morirai."
"I morti non possono premere i grilletti."
"Forse. Ma non ne ho bisogno. Sei un sognatore, anche se non lo ammetti. Lo sei sempre stato. E io ho già mosso le mie pedine. Stanno venendo a prenderti, da dentro la terra. Io non devo fare altro che aspettare. Loro ti porteranno da me. Le porte dell'inferno le varcherai senza che io debba scomodarmi."

La pistola cade, mentre Ortego torna a sorridere. Gli cade in grembo.
Si sveglia di soprassalto nella notte. E' sudato. In un gesto istintivo le dita vanno a cercare la pistola che tiene sotto al cuscino. Ce la trova. 

Sunday, December 22, 2013

I AM YOU.

7:57 Jesse [ area detentiva ]  « E' rimasto immobile fuori dalla porta per tutto il tempo della conversazione tra Eivor e Black. Senza distogliere lo sguardo da un punto nel vuoto di fronte a sè. Quando Eivor esce e lo saluta, risponde al saluto. Rimane un momento a guardarla allontanarsi, scortata dai securer. Poi si muove. Rientra nell'area detentiva. Torna verso la cella di Black, da dove si è allontanato prima. I suoi passi non hanno la fretta che avevano quando è uscito, sono più lenti. Persino morbidi. Torna a trovarsi di fronte alla cella. Gli occhi scivolano su Joe, poi alle telecamere per un istante. Quello che fa dopo, è far scivolare le dita alla chiusura del gilet della divisa, togliendoselo. Se lo sfila , lo lascia cadere da qualche arte e rimane in camicia. Dev'essere una sorta di simbolo. Fa scivolare le dita anche al cinturone. Si toglie anche quello, lo fa cadere sulla giacca. Gli occhi rimangono su Joe. Si avvicina alla cella, in silenzio. Inspira a fondo. » Lo sai, Joe. Ci siamo incrociati tante volte, ma non ci siamo parlati davvero. Vorrei farlo adesso. Vorrei farti vedere delle cose che non faccio vedere a molte persone. Credi di poterlo fare? 
 18:02 Dragan [ Area Detentiva ]   « Annuisce di rimando ad Eivor, quando gli consiglia di muoversi con prudenza, e quasi a rispettare i suoi intenti seri, le concede lo stesso medesimo sguardo privo di deturpamenti emotivi, come fosse un riflesso speculare della donna » Lo farò. « Promette, prima di concedersi l'ennesimo sospiro » See you soon, honey.. « La saluta, e mentre la segue allontanarsi, passa le mani di sbarra in sbarra, seguendo il profilo della cella nemmeno volesse muoversi dietro a lei, per non perderla. Ma, alla fine, il distacco visivo avviene, privandolo definitivamente della sagoma della Edwards » ... « Rimane lì, immobile, abbassa lo sguardo e fissa il pavimento. Altri passi provengono in direzione opposta, ed alla fine è Jesse a fare il suo ritorno ed attirare l'attenzione del Weaver. Inizialmente, il pirata si limita a sollevare il mento per inquadrare il volto di Rosales, muto per qualche istante, poi risponde » Credo che se ci vuoi provare, questo sia il momento migliore. « Ed è, in qualche modo, una risposta affermativa » 

18:09 Jesse [ area detentiva ]   « Annuisce con un cenno molle del capo. Si avvicina alle sbarre della cella nel punto dove si trova lui. Letteralmente si avvicina a lui. Fino ad arrivare a trovarsi a poco più di una spanna dal suo viso. Forse due. Lo ha fatto mantenendo il contatto visivo con lui. E mano a mano che si avvicina, Dragan potrà vedere come il controllo di prima stia lasciando il posto ad un'oscurità violenta, fonda. C'è il segno pesante di un dolore sibilante, continuo. Fondo. Radicato nel suo essere al punto da trasformarsi in un brillore caldo. Si ferma solo quando è lì. Solleva le mani alle sbarre anche lui, aggrappandocisi. » Prima di tutto voglio raccontarti una storia, Joe. E' una storia che non racconto mai a nessuno. Voglio raccontarla a te. « La voce vibra, si accalca sulle parole con un trasporto che si fa soffocante. » Te la ricordi casa, Joe? « Ha un guizzo in gola. » Victory. Ti ricordi Victory? Voglio che ci ricordiamo insieme di Victory. Ti ricordi i suoi boschi pieni di nebbia? I suoi boschi neri. Io sono nato in una casa immersa in uno di quei boschi. Vicino ad un villaggio immerso in uno di quei boschi. Si chiamava.. « Chiude la bocca. Si concede un ghigno amaro, quasi malinconico, nostalgico. » ..Non importa come si chiamava, era troppo piccolo perchè tu possa conoscerlo. Ci vivevo con mia madre. Mia madre aveva i capelli neri come i miei, mi ricordo che ci mettevo dentro delle piume.

18:38 Dragan [ Area Detentiva ]   « Ora che ha Jesse direttamente davanti, pochi centimetri dal suo viso, punta gli occhi con insistenza in quelli del Victorian, iniziando ad osservarlo realmente per la prima volta, da quando è venuto a trovarlo alle prigioni dello Skyplex. Lo fissa e ne osserva le reazioni emotive, ogni minimo mutamente dell'espressività visiva, e intanto ne ascolta in silenzio le parole » ... « Le mani sono sempre aggrappate alle sbarre, all'altezza del petto, il mento leggermente chino per poterlo osservare » Me lo ricordo molto bene, Victory. Fin troppo. « Replica, in un commento roco, altrettanto amaro, e poi nuovamente si zittisce per ascoltarlo. Alla fine annuisce, sembra essere in sintonia con i ricordi proposti, comprenderli » Io sono nato nell'emisfero meridionale di Victory, nella regione di Durango, Jesse.. lungo le sponde di Cold River, uno dei pochi luoghi abitati a sud di Hells Ditch. « Spiega, riassumendo la sua collocazione natale. E, forse, non ne ha mai parlato così nel dettaglio a nessuno » Quindi le conosco bene, le foreste nebbiose di cui parli..


18:47 Jesse [ Area Detentiva ]  « La risposta gli strappa un ghigno veloce, un sorriso abbinato ad un fiotto di fiato che non è legato ad un sentimento definito. E' legato all'adrenalina. Lo stesso fuoco scuro che gli mozza un pò il fiato mentre racconta, che gli trasforma gli occhi in due pozzi scuri e luminosi, che gli tiene addosso. » Yes. « Un sussurro. » Yes, you remember. « Sembra quasi un sollievo selvatico che lo prende. » Ti ricordi. « Annuisce sotto i ricci, si spinge ancora un passo più vicino alle sbarre. » Una notte eravamo in casa e sono venuti su dal villaggio. Ero un bambino, non ricordo l'età. Forse sei anni? Su per le colline. Erano tutti gli uomini del villaggio. E le donne stavano dietro, a seguire pregando. Gli uomini avevano fiaccole, torce. Le accette. Avevano la legna. Ricordo mia madre svegliarmi urlando, mentre buttavano giù la porta. Le hanno tagliato i piedi con un colpo d'accetta davanti a me perchè non potesse scappare. Lo sai perchè? Perchè dicevano che era una strega, e che le streghe vanno bruciate. E dicevano anche che anche io dovevo andare bruciato, perchè ero il figlio del demonio, m'aveva concepito col diavolo. « Il modo in cui gli occhi gli diventano tremanti, rabbiosi, in cui la voce si incrina, è orrendo. E' una maschera nera. » Mi ricordo ancora l'odore di carne carbonizzata. Ogni notte, mi sveglio e sento quell'odore. Io sono corso giù per i boschi. Un uomo mi inseguiva per finirmi come avevano finito lei. Io conoscevo quei boschi, sapevo dove... Sapevo dove i cacciatori lasciavano le tagliole. Allora l'ho portato verso le trappole. Ci è finito dentro con una gamba, gli ha reciso un'arteria. Stava sdraiato a terra e mi supplicava di aiutarlo. Io mi sono seduto nelle foglie.. « Ingoia fiato. Le ultime parole sono un sibilo tremendo. » And I watched him die.

18:56 Dragan [ Area Detentiva ]   « Rimane fermo nella sua posizione, ed ascolta tutto il racconto di Jesse, questa volta senza mai interromperlo, nemmeno un istante. Lui potrà vedere il volto del Weaver contrarsi più volte in una smorfia infastidita, fastidio che molte volte raggiunge picchi di rabbia evidente, repressa, legata evidentemente a ricordi molto simili. Solo al termine di quel racconto, si permette di far partecipe Rosales del proprio "capitolo" » Mia madre e mio padre, se così vogliamo chiamarli, potevano facilmente far parte di quel gruppo di fedeli servi di Dio, almeno su carta. Un Dio che, sinceramente, non è mai stato il mio, seppur ci abbiano provato a farmi studiare al monastero, ci abbiano provato per dieci, lunghi anni. « Prende un profondo respiro, il tono di voce è flebile, come se facesse fatica a gestire certi ricordi, almeno davanti a qualcuno che, lui lo sa, può comprenderli molto meglio di altri » Poi, un giorno, mio zio Ector, prete solo nella divisa, ha prima violentato mia sorella, poi ha cercato di bruciarla sul rogo come strega tentatrice... « Ora sì, che ha un guizzo omicida negli occhi, quello tipico del Weaver » Gli ho prima aperto la gola, poi sono scappato con mia sorella.. quindi stai tranquillo, Jesse, non hai alcuna colpa nell'esser rimasto ad osservare morire il tuo, di figlio di puttana ispirato da Dio..

19:06 Jesse [ Area Detentiva ]  « Lui annuisce. Le labbra ancora schiuse per la violenza che quel racconto gli hanno messo addosso. Non la perde negli occhi, che rimangono cupi, caldi. Annuisce mentre ascolta il racconto di Joe. » ...Non mi sento in colpa. « Lo mormora con una sincerità disarmante. La mandibola ha una contrazione, un brivido. » Lo sai perchè ti ho raccontato questa cosa, Joe? « Lo chiede. E' una domanda retorica. E' evidente che glielo sta per dire. » Perchè voglio che tu capisca una cosa di me. « Inspira a fondo. Il capo ciondola, lo piega all'indietro. Punta gli occhi neri e brucianti verso il cielo, poi di nuovo su di lui. » Io non credo di essere migliore di te. E so cosa significa, quando tutti pensano di esserlo. Quello che dicevano quegli uomini, che sono il figlio del diavolo.. « Chiude la bocca. Deglutisce. » Non importa se era vero. E' diventato vero. « Le dita scivolano sulle sbarre in una lunga carezza. » Io so cosa vuol dire quando vedi le cose come stanno. Quando sai cos'è il mondo. Quando sai che al mondo devi pensare a te stesso, al tuo interesse, se vuoi essere libero devi costruirti il tuo regno, non puoi entrare in quello di altri. « Deglutisce. Cerca il suo sguardo, un contatto diretto. Ci tiene dentro gli occhi neri. » Perchè io sono te, Joe Black. Io e te non siamo fratelli. Siamo più che fratelli, siamo la stessa cosa. Il mio sangue è come il tuo sangue, è avvelenato con la stessa rabbia, con la stessa grandezza, con la stessa terribile sofferenza. « Si sporge verso di lui. » Guardami negli occhi, Joe, lo vedi? 
19:19 Dragan [ Area Detentiva ]   « E' tornato silenzioso, ad ascoltare la replica che Jesse gli concede. E, mano a mano che l'uomo prosegue a parlare, lui si fa sempre più attento, sempre di più, andando a delineare una profonda ruga al centro della fronte, tipica di chi si sforza di comprendere qualcosa e, nel farlo, intuisce molto di più di quanto avrebbe sperato, sorprendendosi » ...« Di nuovo non lo interrompe, e non perde mai lo sguardo del Victorian, nemmeno quando quello di china maggiormente verso di lui e gli pone l'ultima domanda, mostrandogli attraverso gli occhi quello di cui ha parlato fino ad adesso. "Lo vedi?" » ... « Lui annuisce appena, e si prende qualche altro secondo prima di trovare le parole giuste con le quali rispondere » Siamo i reietti di questo 'Verse, Jesse.. siamo i figli non voluti da nessuno, e per questo sbagliamo, quando ci improvvisiamo padri.. « E che sia allegorico, il suo commento, è lapalissiano, alludendo probabilmente alla sua ciurma di disadattati sociali » Ma io non ho mai perso la speranza, Jesse, e non ho mai perso la voglia di esser felice. E mi sono costruito una famiglia, su questo desiderio, una famiglia che va oltre il legame di sangue.. proprio come va oltre, quello che accomuna me e te. « Conclude, non accennando a volersi allontanare da lui, o a distogliere lo sguardo » Non c'è tregua, per quelli come noi.

19:29 Jesse [ Area Detentiva ]  « Nemmeno lui evita mai il suo sguardo, nemmeno lui lo abbassa mai. Alle sue ultime parole annuisce. C'è un'onestà tanto fonda quanto la sua brutalità, negli occhi. Quando risponde lo fa a voce molto bassa, quasi intima, manco fosse una cosa che dedica solo a lui. » No, non c'è pace. Non c'è tregua. Quando non è il mondo a combatterci sono le creature che ci portiamo dentro. Sono i demoni. Sono li stessi demoni che ci rendono quello che siamo. Li amiamo e li odiano allo stesso tempo. « E' un mormorio. Un angolo delle labbra si tende verso l'alto. Un sorriso che non si estende agli occhi, che rimangono fondi. Ma si spegne subito. Si riassorbe in una serietà rinnovata. Carica di un'amarezza violenta. » E capisco anche cosa vuol dire innamorarsi dell'unica persona di cui non dovremmo innamorarci. L'amore è una debolezza, una minaccia. Eppure amiamo così tanto, non è vero? Almeno quanto odiamo. « C'è un'enfasi allucinata, intensa, piegata in un'intimità e una condivisione che ha con lui e con nessun altro in questo momento. » Capisco perchè sei qui, ora. « La voce si spegne. Si fa macchiata di un gelo rabbioso, vinto e combattivo insieme. » Ma quello che non sai è che io e te siamo pari. Io ho dovuto scegliere tra la tua donna e il mio amore, e ho fatto la stessa scelta che avresti fatto tu. Ho scelto il mio amore. E poi tu il mio amore lo hai rapito. E io so che ora è da qualche parte a farsi torturare e ammazzare. « Non è nemmeno un'accusa. Non ha smesso di parlargli da pari. E' solo ombra, sofferenza selvatica. »

19:38 Dragan [ Area Detentiva ]   « Accoglie il sussurro dal sapore di intimità, con la stessa identica espressione di poco prima, senza mai mutarla. Annuisce quasi impercettibilmente, e poi si intromette del discorso solo quando lui parla di odio ed amore, accomunandoli » Cerchiamo emozioni forti, Jesse. Le uniche che sono in grado di farci sentire ancora vivi. « Confida, per poi piegare le labbra in una smorfia riconducibile ad un sorriso amaro, per nulla divertito » Un uomo si ribella a certi pensieri e l'unico modo per venirci a patti, immagino, è diventare quei pensieri. « Riassume così il loro percorso di vita, le loro privazioni, i giudizi altrui che si sono poi tramutati in realtà. Apre la bocca per dire altro, ma la richiude subito quando le ultime parole del Victorian gli fanno intuire quello che mai, avrebbe sospettato » ... « Rimane in silenzio a fissarlo con altri occhi, adesso, carichi di una consapevolezza strana, imprevista, e si prende qualche secondo ancora per riorganizzare le idee ed esprimere un concetto di senso compiuto » Ti sei arruolato per John Shepherd? Lo stesso ragazzo che, ora, sta passando delle pessime mezz'ore in compagnia dei miei fratelli?


19:48 Jesse [ Area Detentiva ]   « Gli tiene gli occhi negli occhi con una forza se possibile ancora più bruciante di prima. E' aperto come un libro di carne, sangue, fuoco e ombra. Aperto davanti a lui senza muri, senza barriere. Il respiro gli si accatasta in gola quando l'altro parla di emozioni forti. Del sentirsi vivi. C'è un sorriso selvaggio che gli macchia le labbra, gliele incrina, chiude gli occhi. »E' come la droga, Joe, devi essere un drogato per capire cosa si prova. Siamo rasi al suolo come un campo di battaglia, ma soffiamo come la tempesta, vero?« Ha quasi un singhiozzo nel dirlo. La testa si appoggia alla sbarra della prigione vicina al Weaver, nemmeno avesse voluto posarla sulla sua spalla e si fosse trovato quella sbarra in mezzo. Raddrizza la testa alla sua ultima domanda, ficcandogli gli occhi negli occhi. Solleva il mento in un dolore dignitoso e violento. Composto. Espira, annuendo. » Lui. E io so.. « Deglutisce. La voce si spezza in un'energia che ribolle, che trattiene male nella pacatezza. » Io so che da ora in poi non è nelle mie mani, l'esito di questa vicenda. Ho davanti due possibili scenari. Noi lo riotteniamo vivo, e in quel caso saremo pari. Tu con Zoe. Io con John. John e Zoe, che sono entrambi così sbagliati per noi. Che non possono capirci ma che ci fanno sentire normali per venti minuti ogni notte. Che ci danno l'impressione di poter respirare senza ammazzare tutto il Verse. « Una pausa. Inspira, gli occhi si fanno fondi. » O lo riotteniamo morto. E in quel caso ho una richiesta personale. Non come impiegato di Hall Point. Come me che sono te. In quel caso, voglio almeno poter avere il suo corpo, Black. Per chiudergli gli occhi, vestirmi di nero, e poi marcire nell'odio fino a quando non trovo un modo per sfogarlo. « Sono parole che lascia cadere senza abbassare lo sguardo. Senza mettere distanze tra loro, nè fisiche nè emotive. »

19:57 Dragan [ Area Detentiva ]   « Sembra che la rivelazione di Jesse lo abbia, in qualche modo, spiazzato, fornendogli tasselli che fino a quel momento gli erano mancati. Sta ancora ponderando tutta la questione, e ne è distratto, tanto che alla prima domanda retorica dell'uomo replica con un solo sussurro, sovrappensiero » Come la tempesta.. « Un soffio, e poi di nuovo si zittisce per ascoltare tutte le parole che Rosales fa seguire. Di tanto in tanto deglutisce con evidente sforzo, lo segue poggiare la testa contro le sbarre, rialzarla, ed alla fine è un ritrovato tuffarsi di occhi negli occhi, in religioso silenzio » ... « Lascia tempo all'altro di esporre i propri pensieri, ed a sé stesso di filtrarli, comprenderli, e poi metabolizzarli. E sembrano interminabili, quei secondi di silenzio a seguire, spezzati alla fine da una voce bassa, che seppur non sia incerta, è quella che si potrebbe usare all'interno di un luogo sacro » Questo te lo prometto. « E potrà leggergliela, l'onestà negli occhi, così come fino ad adesso gli ha letto quella legata alla rievocazione di Victory, un'onestà disarmante » E posso anche promettermi che cercherò di trovare una soluzione per farlo uscire vivo, anche se questo dovesse costargli molta sofferenza. Il dolore si sopporta, ma la vita non ce la ridà nessuno. « Commenta, prendendo un pesante sospiro, prima di concludere » Se dovessi riuscirci, ti vincolo ad una promessa. Fai capire al tuo uomo, che non esistono buoni motivi per ammazzare una persona. Si ammazza e basta, senza ipocrisia. E che io non dimentico, che il suo esercito lo ha fatto con i miei fratelli. Dovrebbe rifletterci. « Non dice altro, ma nemmeno abbandona gli occhi del Victorian »

20:05 Jesse [ Area Detentiva ]   « Lui sorregge il suo sguardo con le iridi nere che sfrigolano. Annuisce. le labbra serie, tese, serrate. Non abbassa lo sguardo per tutti gli interminabili secondi in cui l'altro rimane in silenzio. Ci sono le onde della loro tempesta personale che si scuotono intorno a loro, tra di loro. Quando Joe promette, lui annuisce. C'è l'onore dei pirati. Uno lo è di fatto, l'altro deve averlo nel sangue. » ...Grazie. « Un mormorio sincero, per quanto sporco di ombre. Alla richiesta di una promessa, lo ascolta senza interromperlo. Fa seguire un sospiro pesante. Annuisce di nuovo. » Farò del mio meglio. John è un ragazzino a cui hanno fatto il lavaggio del cervello, Joe. Lo hanno usato, come hanno usato molta gente. Ma ti prometto che farò del mio meglio per farglielo capire. Ogni volta che parliamo di qualcosa che riguardi il colore marrone finiamo a litigare. Gli leggo negli occhi quanto si senta superiore anche a me. « Quest'ultima sembra quasi una confessione personale, macchiata di frustrazione. Gli strappa un ghigno appena accennato, amaro, malinconico. » Credi che un giorno mi guarderà e capirà che sono un mostro, Joe? 
20:12 Dragan [ Area Detentiva ]   « Ascolta la risposta di Jesse circa la promessa che il pirata vorrebbe strappargli, ed i dubbi che espone nonostante abbia accettato; annuisce, e lo sguardo che rivolge a Jesse, ora, è estremamente comprensivo. Sospira, ancora non si scosta dalle sbarre » Gliel'ho letto anche io negli occhi, quello di cui parli tu. C'è stato un tempo che avrei voluto salvarlo, sai? Ci ho provato.. poi l'Alleanza ha rovinato tutto, e lui è corso di nuovo tra le gambe di quella puttana della Rooster.. « Riassume, senza entrare nel dettaglio. Non aggiunge altro, non ora, ma contraccambia quel ghigno amaro, l'ultimo che anticipa la domanda finale di Rosales, con un sorriso storto che, al contrario di quello del Newcomer, cova una certezza diversa, che esprime subito dopo » Credo che un giorno ti guarderà e capirà che non sei un mostro più di quanto non lo sia lui. Solo che tu sei sincero con te stesso, mentre lui ci deve ancora arrivare. « Sentenzia, e non c'è ora astio o biasimo nell'affermarlo, solo determinata concretezza di idee » Come hai detto tu, è ancora un ragazzino. Arriverà il giorno in cui capirà cosa è realmente importante, in questa vita, e che chi ti promette ideali, ti dà da mangiare solo sofferenza.

20:18 Jesse [ Area Detentiva ]  « Lo ascolta in silenzio, con attenzione. Le braci che gli ha rovesciato addosso si stanno riassorbendo in una calma cupa, più simile a quella che aveva addosso quando è entrato. Ci sono negli occhi ancora dei guizzi brevi, intensi, che gli fluttuano addosso, nello sguardo. Inspira. Annuisce. Indietreggia staccandosi dalle sbarre. Quella distanza che riguadagna da lui, l'aria tra loro che torna fresca gli strappano un brivido. E' una sensazione strana. » ..Forse. Forse sarà come dici tu. Chi lo sa dove ci porterà il destino, Joe. « Lo mormora, muovendosi lentamente verso la giacca e il cinturone che aveva lasciato a terra. Si piega, recuperando il gilet, tornando a cercarlo con gli occhi. » Ora almeno sai chi sono. « Paradossalmente, pare essere una delle cose che gli premono di più. »

20:22 Dragan [ Area Detentiva ]   « Segue i movimenti di Jesse con attenzione, e dal canto sue da quelle sbarre ancora non si allontana. Annuisce, alle prime parola di Jesse, limitandosi a replicare » Non lo sa mai nessuno. Ma a volte è bene dargli qualche calcio in culo, al destino, per aggiustarne la traiettoria. « Commenta, ritrovando la forza di abbozzare un sorriso vagamente più sincero. Incrocia un'ultima volta lo sguardo di Rosales, sull'onda dell'ultima affermazione. Annuisce, una sola volta » Sì, ora lo so. E forse, anche tu. « Non commenta altro, si stacca lentamente dalle sbarre e lo saluta » Ci vediamo in giro, Jesse. Ti farò sapere. « Poi si volta e, lentamente, raggiunge la sua branda sopra la quale riposerà » 







Friday, December 20, 2013

IL RISVEGLIO AL CREPUSCOLO

John dorme nel nostro letto. Ha gli occhi chiusi e le labbra aperte. E' giovane e ha il corpo pieno di cicatrici. Come il mio. Io le percorro e mi viene voglia di aprirgli la bocca e mordergli la nuca, mi viene voglia di respirargli addosso. E lui su di me. Lo guardo mentre dorme in questa stanza sospesa in mezzo all'universo, sull'isola di metallo e luci, ed è come se fossimo al di sopra di tutto. Al di sopra della guerra che è stata persa. Al di sopra del maglio della legge Alleata. Al di sopra di Fargate. Siamo sospesi in un'allucinazione di calore e fiato. Ripenso alle cose che ho fatto per lui. Sono sceso in guerra per lui. Mi sono sdraiato nel fango davanti alle urla dei Capitani. Io che non riesco a sopportare l'autorità nemmeno di me stesso e finisco col perdermi nella mia stessa energia turbinosa. Mi perdo nella tempesta dei miei capelli. Mi sono preparato all'idea che saremmo morti a Timisoara, insieme. E' finita che non siamo morti e ora siamo sdraiati nel nostro letto. 
Lo amo. E lo odio. Capisco anche perchè odio la sua fede per la causa Indipendentista. Capisco perchè ho odiato i suoi compagni. Perchè li ho tenuti lontani come una bestia rabbiosa per tutto il tempo. Perchè avrei voluto ammazzarli. Perchè loro sono la cosa che me lo tengono lontano. Perchè lui ha qualcos'altro da amare al mondo oltre a me. Io no. Lui amerà per sempre un'idea che io non capisco, è disposto a morire per quell'idea. Io sono disposto a morire per lui. Lo sono stato in passato. Sono disposto a morire per nulla. Letteralmente per nulla. Senza ragione, potrei morire e non mi peserebbe. Mi peserebbe lasciare lui. Ma non mi peserebbe la morte. Lui morirebbe per tutti loro, ama tutti loro, ama così tanto e così tante persone, che mi fa sentire solo. Mi fa sentire come se non lo avrò mai del tutto. Ma ci sono cose che ho imparato nella guerra. Le ho imparate senza accorgermene. Non ho imparato a credere nella bandiera marrone, almeno quanto non credo nella bandiera blu. Non credo in alcuna bandiera. Credo nella bandiera nera delle streghe, nel grigiore della nebbia di Victory. Credo nel fuoco delle candele. Credo nel sudore del sesso. Credo nel sale delle lacrime e nel ferroso sapore del sangue. Credo in molte cose, ma non nelle bandiere. Ma anche senza credere nella guerra, la guerra mi ha insegnato delle cose. La guerra mi ha messo davanti il demone Klaus Schmidt, che brucia di rabbia ed è calmo come un lago in inverno. E' una creatura terribile e meravigliosa, e l'ho osservato a lungo. Ho capito di essere come lui da qualche parte. Nemmeno io sono umano, come non lo è lui. Quando l'ho guardato negli occhi l'ho capito. Anche lui è fatto di stelle, come Cortes ha detto di me. Cortes ha detto che sono fatto di stelle. Io come le stelle voglio bruciare. Mi ricordo di colpo cosa si prova. Ed è stato John, non la sua famiglia. E' stato John a ricordarmi cosa si prova a bruciare. John e Schmidt, uno mi ha ricordato come si brucia, l'altro mi ha ricordato come ci si danna. 
Non fa nulla per quale causa. 
Non fa nulla se per nessuna causa, o per la causa di noi stessi. 
Io non ho una causa. Io ho la voce urlante della tempesta che mi ha scosso dentro portandosi le ombre. 


Poi è partito. I giorni passano. Il silenzio invade la stanza. Il letto non è cambiato, il letto è sempre lo stesso. Ma ora è vuoto. E' successo da un giorno all'altro. Ci sento ancora il suo odore, eppure non riesco a toccare le sue cicatrici. C'è solo il tessuto freddo delle lenzuola. Non so quando ho realizzato che qualcosa era successo, ma so che l'ho realizzato. Dopo i campi di battaglia, mi sei scivolato via tra le dita in silenzio, lontano da tutto. Non ero lì. Sei semplicemente svanito nel silenzio. E io sono rimasto da solo con lo specchio. Mi ci sono guardato di nuovo dopo molto tempo. Ho passato non so quante ore a immaginare il tuo corpo nel terriccio, pallido come la morte. Mi faccio del male. Mi sento soffocare, ma mi ripeto che devo prepararmi all'idea. Ti immagino morto e intanto mi guardo allo specchio. Mi chiedo se sopravviverei. E mi ripeto di sì, sopravviverei. Ma senza la tua voce e con il sapore dell'istinto che mi prende la gola pensando a come riportarti a casa, qualcosa si sta risvegliando in me. Quella creatura che avevo sepolto nella noia priva di sapore della mia vita dopo aver bevuto il sangue di Santiago, quella che ho combattuto per tutto il tempo durante la guerra, che Schmidt voleva stuzzicare e domare, incanalare. Quella creatura ha iniziato ad ululare nel mio petto. Caitlin la chiama labirinto. Dice che è un labirinto in cui ti perdi, da cui cerchi disperatamente di uscire fino a che un giorno capisci che è casa tua. Ci torni dentro da solo, di tua volontà. Per me non è un labirinto. Per me è una cosa viva. 
E' mio padre. Il mio vero padre. me lo avevano detto quella notte a Victory, me lo ricordo. Lui mi ama. Mi ama fottutamente, mi ha messo dentro quelle creature e io ho cercato di combatterle quando le sentivo salire su per il petto e nella gola, nere come la pece. Ma ora mentre mi guardavo allo specchio ho capito che quelle creature sono l'unica cosa che avrò sempre. Sono io. Sono quello che conosco. Loro, sono quello che mi aiuterà a proteggerti. Allora ho provato a lasciare la presa, a smettere di resistere. 

Le ho sentite scivolarmi su per la schiena e nel ventre, era bellissimo. Sono calde e brutali, sono orrende e meravigliose.

Mi sto arrendendo e sto tornando me stesso. Sono l'ombra, l'urlo, le nubi roventi della notte. Cristobal è devoto ai Loa, io sono devoto a dei molto più antichi. Vengono dal buio del passato, dello spazio. Gli umani non hanno il coraggio di pronunciare i loro nomi. Io li urlo con tutto il fiato che ho in gola. Io costruirò un regno per noi. Per me, per te, per i nostri fantasmi, per gli dei di fiamma, fosse anche grande come una bara o una fossa. Lo costruirò con o senza di te. Se morirai per primo, il tuo fantasma sarà il mio fantasma più bello. Se morirò per primo, la mia ombra sarà la tua ombra più nera. Io quel regno lo costruirò comunque. Il mio angolo per bruciare. 
Voglio essere libero. Voglio essere grande. Come è grande il fuoco delle stelle quando muoiono.


E divorano tutto in un fulgore di tuono.

Friday, November 22, 2013

Everybody wants to rule the world

La stanza è fredda e spoglia. E' solo. Rimane sdraiato sul letto mentre fuori dalla finestra si solleva il crepuscolo con la sua nebbia. Scimmia stride, è irrequieta. Cammina avanti e indietro contro il pavimento di legno grezzo. Il suono dei piedi dell'animale gli tintinna nel cranio, peggiora il suo nervosismo. Cerca di fumare e dormire, non riesce a fare nè l'una nè l'altra cosa. Ogni volta che inspira una boccata di fumo inizia a tossire. Finisce col sollevarsi seduto sul bordo del letto. Le dita si infilano nei ricci, tirano. Li lasciano tormentati, gonfi. Le poche cose che si è portato su Bullfinch sono stipate in una sacca di tela che è chiusa sul pavimento. La osserva, ripetendosi le molte ragioni per cui è arrivato il momento di partire. 
Osserva gli umani intorno a lui avere qualcosa per cui combattere. Che sia giusto o sbagliato, hanno qualche ragione per cui mentire a loro stessi. Un'idea che non capiscono davvero, un Dio che non vedono davvero, una famiglia da cui farsi usare per interessi di altri. Ti accendi di rabbia per la loro ingenuità, ma dentro, in fondo, bruci di invidia per la consapevolezza che ti accompagna ovunque. 
Sei solo. Sei nato solo, vivrai da solo, morirai da solo.
Intorno a te, Jesse Rosales, tutti si scannano per la loro fetta di mondo. Per lo stesso territorio. Per il potere. Per la terra, o per qualsiasi cosa per cui credono di star combattendo. 
Ma tu il mondo lo attraversi. Ti dibatti in un caos così denso che fluttui al di sopra del sistema. E poi?
E poi niente. Poi c'è il nulla. Ci sei già dentro.
Sei solo. Sei nato solo, vivrai da solo, morirai da solo.
Dimentica John. Lui ti ha sicuramente già dimenticato. Che se ne fa di te? Lui ha la sua guerra. Tu non hai nulla a parte te stesso e non avrai mai nulla di più di questo. 
Dimentica. Balla in mezzo agli sguardi come hai fatto con il piccolo Tiago, e dimentica.
Forse se balli abbastanza forte finisci per sfondarlo, il mondo che tutti vogliono.
Stai bruciando, non è vero? Stai bruciando. La domanda è: quanti ne porterai con te tra le fiamme prima di spegnerti.

Scimmia squittisce di nuovo, lui ha una reazione improvvisa. Colpisce il bicchiere vuoto che teneva sul comodino, lo getta a terra, lo frantuma. Va in mille pezzi, come una piccola esplosione. Lui rimane a fissare i cocci, più soffocato di prima.



Welcome to your life 
There's no turning back 
Even while we sleep 
We will find you.

Monday, November 4, 2013

El Barrio

Tra i vicoli di Tartagal la festa infuria. C'è la Blast che scorre tra i vicoli del Barrio come un fiume in piena. Non ci si ricorda più cosa si festeggia. Non è una festa per tutti. La gente comune è chiusa in casa, nelle case scrostate, osserva dalle finestre gli uomini armati che sparano in aria per le strade. I cani dei cartelli. Gli uomini di Santiago e di altri come lui, accalcati intorno al Bulevar, il locale di Diabolito. Ci sono i capi degli altri quartieri, delle bande più piccole. El Guaratero, San Agustin. Barrio Zulia. Lui non ricorda i nomi delle persone, ricorda i nomi delle strade. Dei quartieri, degli incroci che gestiscono. Dei territori dove spacciano. Dei territori dove dominano. 

E' fatto. Gli occhi scuri hanno le pupille dilatate, ampie, mentre attraversa la folla vicino al bancone, un passo dietro a Santiago. Santiago fende le acque come Mosè, diretto al suo tavolo. Quell'angolo del Bulevar che nessuno occupa mai. Quell'angolo che anche in notti come questa nessuno ha il coraggio di toccare. Ci sono delle ragazze sdraiate sul bancone. Riesce a vedere distrattamente un uomo tirare una riga di polvere bianca dalla loro pancia. Fa fatica a concentrarsi su qualcosa nello specifico, il corpo viene sballottato dai suoni. La testa riccioluta gli ciondola, il cuore gli batte violento nel petto. Ci sono degli uomini che combattono in mezzo alla sala, circondati dalla ressa che urla, incita, scommette. Ci sono regole vaghe. Sono a mani nude, devono combattere a mani nude. La gente si chiama, urla, intorno a lui. "Ay Santiago!" Lo hanno visto. Si alza un grido, forse esultano. La folla freme. La sente come un'unica creatura dalle fauci aperte, spalancate, che gli ansima sul collo. Santiago allunga una mano, lo prende per il collo per tenerselo dietro, dalla collottola. Un gesto possessivo, ruvidamente affettuoso. Stringe delle mani, da pacche sulle spalle, bacia delle guance. Ad alcuni di quelli sparerà personalmente settimana prossima, perchè si stanno espandendo oltre i loro confini. Jesse lo sa, e ora lo guarda mentre sorride e bacia le loro fronti offrendo un giro di tequila a tutti. Loro ridono, ringraziano, stupidi coglioni. La testa gli gira.
"Ay, Adrianito, demasiado, mh?" Ride, fumoso.
Lui annuisce, mentre un grido più forte alle loro spalle rivela che il combattimento ha finalmente un vincitore. Santiago si volta incuriosito, piazzandosi il sigaro tra i denti. Ad aver vinto è un giovanotto di Las Lomas, coperto di sangue. Il suo avversario si sta trascinando fuori da quel ring improvvisato fatto di corpi accalcati. Santiago applaude, incita tutti a farlo.
Il giovanotto a petto nudo si pulisce il sangue dalla faccia e saetta con gli occhi contro i ricci di Jesse.
"Voglio battermi con lui."
Il silenzio inizia a calare, le voci si spengono, gli applausi si fanno tiepidi. Il giovanotto di Las Rosas sputa per terra, crudo.
"Voglio battermi con Cordero." Lo dice con un ghigno. Lo scherno, la provocazione, cuciti a doppio filo in quel nome e nel tono con cui lo sputa fuori. Santiago irrigidisce la mascella, lo sguardo. Per un attimo rimane tutto sospeso, ma non fa in tempo a dire nulla.
Perchè Jesse, Cordero, sta avanzando con gli occhi scuri gonfi di droga verso il cerchio, lo sguardo fisso sull'avversario di Las Rosas.
"Vuoi batterti con me? Bueno."
Santiago sogghigna, cerca i suoi amici con gli occhi, non lo ferma. La folla ricomincia a gridare, eccitata dalla situazione. Si stringe intorno a loro, ricrea il cerchio, ricrea quella piccola arena. Lui tiene gli occhi fissi sul ragazzo, annebbiato. Ricorda di colpo chi è. Lo ha visto correre lungo Calle Victoria con una bambina tra le braccia. Dietro delle donne gridavano disperate, correndo. La bambina era stata colpita da un proiettile in un regolamento di conti. Non ricorda il suo nome.
"Conosci le regole, Cordero." Lui annuisce. Le regole sono: si combatte a mani nude, non si uccide a meno che non venga chiesto da Santiago in persona. Si spingono uno vicino all'altro in attesa del via. Il ragazzo di Las Rosas gli mormora qualcosa che possono sentire solo loro.
"Questa volta essere la sua puttana non ti salverà, Cordero." 
C'è quel nome che viene sputato sempre, alla fine di ogni frase. E' un insulto. Lui non batte ciglio. La folla grida, qualcuno la contiene mentre Santiago osserva dall'alto del locale. Un cenno, il combattimento inizia. Il ragazzo di Las Rosas scatta, slancia il collo in avanti e lo colpisce in mezzo al volto, alla cima del naso. Si sente un rumore sordo, mentre lui si trova sbalzato a terra, il volto che si inonda di sangue. Una fitta di rabbia gli affonda in gola. Il cuore esplode. Si dibatte a terra per rivoltarsi e alzarsi di nuovo in piedi, la folla che grida eccitata dal fiotto rosso che gli ha lasciato il naso. 
Il ragazzo di Las Rosas si mette in mostra mentre lui è ancora a terra, aprendo le braccia e voltandosi verso la folla per incitarla ad incitarlo. Jesse si rialza in piedi. Davanti a lui, nel pubblico, un uomo beve da una bottiglia di birra e urla. Lui scatta. Afferra l'uomo per la gola, gli prende la bottiglia, lo colpisce sulla testa, la bottiglia si frantuma, lui la tiene per il collo. Qualcuno grida, c'è improvvisamente caos. Lui si volta verso il suo avversario, che si è girato di scatto perplesso.
E' un momento. Jesse scatta in avanti, gli salta addosso. Lo colpisce con il collo della bottiglia vicino all'orecchio. Una testata. Il ragazzo si piega in avanti, lui lo prende per i capelli, lo colpisce al ventre con una ginocchiata. Se lo ritrova molle tra le dita. Non lo lascia, lo tiene per la testa. Le pupille scure, dilatate, si assottigliano mentre solleva la bottiglia rotta, accuminata, sopra la propria testa, e la abbatte con violenza disperata dietro la nuca del ragazzo di Las Rosas. Il vetro si pianta nella sua spina dorsale. A fondo. Un fiotto di sangue gli macchia la camicia. Il corpo del suo avversario ricade in avanti, morto.
Lui ha il fiato corto, gli occhi spalancati. Indietreggia, instabile, di un paio di passi, sfregandosi la mano sulla bocca per pulirsi dal sangue. O provarci. La folla intorno si è zittita. Non riesce a ricordare quand'è che hanno smesso di gridare. ora nessuno fiata. Qualcuno si sposta mentre lui indietreggia fissando il cadavere. Sputa sangue a terra, vicino al corpo. Solleva gli occhi verso Santiago, che lo fissa serio.
Santiago si rivolge alla folla immobile, sollevando una bottiglia di tequila.
"Abbiamo un vincitore. Per gli amici del Barrio di Las Rosas, da questo momento in poi potete bere gratis!"
C'è un brusio fondo, qualcuno esulta. Lentamente, la festa ricomincia. Il corpo del ragazzo di Las Rosas viene trascinato via. Nascosto. Lui ricomincia a camminare, barcollando e sporco di sangue per tornare verso Santiago. La folla si sposta per farlo passare. 
Uno degli uomini di Santiago si piega verso il pirata per mormorargli qualcosa mentre Jesse si avvicina.

Wednesday, October 30, 2013

Black Light Burns

Da qualche parte nel Verse, 2499

Un branco di bambini vestiti di stracci si conquista la collina. Sono figli di nessuno. Figli di gente morta, o di genitori poco attenti. Non voluti. Liberi, affamati. C'è una bimba bionda e magra che stringe al petto una bambola lurida. Osserva la collina nascosta dietro delle fronde, il cuore in gola. Lei è la più esile, gli altri la proteggono. A guidarli è un bambino magro, con i ricci neri, la pelle candida. Ha gli occhi scuri e corre come le lepri.
Non sono soli. In cima alla collina ci sono delle case abbandonate, dove ripararsi dal freddo.
"Hanno rubato il nostro posto, li cacceremo come i ratti. Scricciolo, ce l'hai la fionda che ti ho costruito?"
"Certo che sì."
"Ti servirà. Siete pronti?"
"Siamo pronti."
"Al mio tre, corriamo, li prendiamo di sorpresa, e facciamo vedere loro chi dorme all'asciutto stanotte."
La bambina gli tira la manica.
"State attenti."

"Uno. Due. Tre."
Scattano in avanti. Hanno bastoni, e sassi nelle mani. Iniziano a correre su per la collina nel vento, sotto le nubi grigie. Urlano per farsi coraggio, come un branco di piccoli Dei. Altri bambini escono dal rifugio, confusi. Si spintonano, cercano di prepararsi, ma non erano pronti.
Nel prato sotto il cielo vengono afferrati, buttati a terra con la faccia nel fango. Jesse salta addosso a quello più grosso, e quello più grosso gli tira una gomitata. Gli fa sanguinare il naso e ricade nell'erba sporca e bagnata. Non si arrende. Il ragazzino lo prende per i capelli, lui raggiunge il suo braccio con i denti. Morde. Così forte che lo fa gridare. Che il bambino grosso è costretto  lasciare la presa, ricade indietro. Lui gli monta addosso, lo colpisce con un sasso. Lo riduce alle lacrime. I suoi compagni si battono con lo stesso ardore. Non ci vuole molto prima che i ragazzini guidati dal bambino grosso si diano alla fuga. Corrono giù per la collina, e uno di loro perde i pantaloni. Inciampa, tutti gli vedono le chiappette magre, mentre se li tira su freneticamente.
Loro ridono, sguaiati. Li guardano scappare dalla cima della collina. Jesse inizia ad ululare, sollevando un sasso. Anche i suoi compagni ululano, come i lupi. La bambina bionda esce da dietro le fronde, sorridendo. Sporca, inizia a correre su per la collina con il sorriso sdentato e la bambola tra le braccia.
"Avete vinto! Avete vinto!"
"Stanotte la tua bambola dormirà al caldo!"
Jesse solleva le braccia verso il cielo, tra le mani ha ancora la pietra, perde sangue dal naso. Il cuore gli batte all'impazzata, ha il fiato corto.
"Sono il Re della collina! Sono il Re della collina!! Da oggi fino almeno a domani questo posto è nostro!"
"Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse! Jesse!"
Gli altri chiamano il suo nome in coro. Saltano e si rotolano nell'erba. Sono affamati e sudici e liberi.

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Maracay, Tartagal, 2511

I lacci gli stringono i polsi. La testa gli ciondola pesante, stanca per la posizione obbligata. Obbligata da ore, chissà quante. Abbracciato al pilastro di legno, con il ventre schiacciato contro di esso e i polsi sollevati sopra la testa. Il collo gli si piega indietro, le palpebre pigre dallo sfinimento. La schiena è esposta, nuda. L'aria brucia le ferite ancora aperte delle frustate. I capelli si appiccicano al volto sudato, ha il fiato appesantito dalla sete. Uno degli schiavi di Santiago è costretto a rimanere lì a controllare che non muoia, ma non gli è permesso dargli da bere. Si conoscono, quei negri lo hanno cresciuto. Gli ha curato le frustate già una volta. Ha gli occhi lucidi, non glieli toglie di dosso, la mandibola serrata.
La porta si apre alle sue spalle. Si richiude. Il passo lento di Santiago gli arriva alle orecchie affaticate.
"..Mi amor.."
La voce trascinata, fumosa, condiscendente dell'uomo mentre si avvicina gli fa compiere un altro blando tentativo di sollevare la testa. Ci riesce male. 
"Ti ho lasciato abbastanza tempo per pensare a cos'hai fatto, mh?"
Continua a camminare verso di lui. Le mani legate gli impediscono di muoversi. Espira, e un attimo dopo sente le dita di Santiago infilarsi tra i suoi ricci sudati, sulla nuca. L'uomo gli si accosta alle spalle, gli parla vicino all'orecchio. Sente il suo fiato toccargli la pelle. Lo tiene per i capelli, gli sorregge il capo.
"Lo sai che non mi devi mancare di rispetto. Sai cosa sembri quando mi manchi di rispetto, mi amor?"
Le dita dell'uomo gli scivolano sulla schiena in una lunga carezza, si infilano nelle ferite aperte, in una morsa straziante e dolorosa che gli strappa un mugolio disperato e affannato. Il fiato di Santiago non lo lascia. Si fa più intenso. Gli si avvicina all'orecchio, parla a voce più bassa. Anche la presa sulle ferite si fa più intensa. Il negro volta il capo per il disgusto e il dolore.
"Sembri un ingrato del cazzo. Io ti ho tolto dalla strada. Ti ho messo dei vestiti addosso. Ti ho dato una vita diversa da quella di quei cani rognosi dei tuoi compagni. Te li ricordi? Che fine pensi che abbiano fatto, mh? Io ti ho salvato, Adrian. A volte mi chiedo se ho fatto bene. Se ho fatto bene a raccogliere uno come te. Nemmeno vostra madre vi voleva. E questo è il modo in cui mi ringrazi?"
Annaspa. I polsi tirano contro i legacci e si macchiano di lividi, strofinano contro la corda inutilmente. Santiago sorride, gli strofina il naso contro il collo, contro l'orecchio.
"Sei bellissimo." 
Si scosta di un passo. Ha la camicia sporca del suo sangue. Si volta verso il negro.
"Lascialo lì ancora fino a domattina. Che si ricordi chi è il padrone."

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Sono il Re della collina.